Stai sbagliando la carne per la genovese: ecco il taglio economico usato dai genovesi

La genovese rappresenta uno dei piatti più iconici della cucina napoletana, spesso fonte di equivoci tra chi vive fuori dalla Campania e chi, invece, ne ha ereditato la tradizione. Il successo di questo ragù di cipolle e carne dipende non solo dalla cottura lenta e dalla qualità delle cipolle ma, soprattutto, dalla scelta del taglio di carne. Molti tendono a selezionare pezzi costosi e magri, convinti che la tenerezza sia essenziale. In realtà, la storicità della ricetta e la cultura dei genovesi partenopei smentiscono questa credenza, facendo emergere l’importanza di un taglio economico, ricco di tessuto connettivo, che con la lunga cottura si trasforma in una vera prelibatezza.

La tradizione napoletana: tagli poveri dai grandi risultati

La genovese non è mai stata una ricetta borghese. Nata come piatto popolare, il suo spirito risiede nella capacità di sublimare ingredienti semplici, spesso considerati poveri. In particolare, la carne usata tradizionalmente per questa preparazione non era certo quella più pregiata, ma piuttosto ciò che restava dalle lavorazioni dei tagli migliori. I macellai napoletani storicamente consigliavano tagli come colarda (scamone), gallinella e gamboncello, ovvero i muscoli delle zampe, tipicamente di manzo o vitello, caratterizzati da abbondante tessuto connettivo e venature di grasso che in cottura regalano morbidezza e sapore.

L’“annecchia” è un termine locale che identifica un particolare taglio, muscolo di manzo molto fibroso e ricco di cartilagine. Questi tagli, inadatti alle cotture rapide, si trasformano grazie a ore e ore di brasatura con cipolle e aromi, offrendo una carne sfilacciata e succulenta, altamente saporita ma anche economica. La genovese, quindi, è l’emblema di una cucina di recupero, in cui ogni parte della bestia viene valorizzata da pazienza e creatività.

I tagli consigliati: dal reale al lacerto, passando per lo scamone

Molte ricette contemporanee suggeriscono diversi tagli per la genovese, ma la vera distinzione va fatta tra carne magra e carne ricca di tessuto connettivo. Vediamo quali sono i più usati e adatti secondo la tradizione:

  • Reale (spalla di manzo): è tra i tagli più economici e versatili, ricco di tessuto connettivo, ideale per lunghe cotture. Dopo ore si sfalda perfettamente e assorbe il sapore delle cipolle.
  • Scamone: detto anche “colarda” in dialetto napoletano, è il cuscinetto che copre il fianco del manzo. Denso, gustoso, non troppo magro, dona al sugo corposità.
  • Lacerto o magatello: posizionato nella parte interna della coscia, è meno ricco di grasso rispetto ai precedenti ma molto usato sia per le versioni “bianche” sia per la carne alla genovese.
  • Gamboncello (muscolo delle zampe): altamente economico, ricco di fibre e gelatina. Dopo la cottura diventa straordinariamente tenero.
  • La carne va tagliata in pezzi piuttosto grandi, di circa 150 grammi ciascuno; deve rimanere integra durante la lunga cottura, così che possa essere servita come secondo piatto una volta terminata la preparazione. Fondamentale è lasciare il grasso: rimuovere tutto il tessuto adiposo, spesso consigliato per arrosti e brasati, qui sarebbe un grave errore. Il grasso si fonde, insaporisce il sugo e mantiene la carne morbida.

    Il ruolo delle cipolle e la preparazione lenta

    Se la carne è importante, le cipolle sono il vero cuore della genovese. La quantità indicata nella ricetta supera spesso quella della carne: per ogni chilo di manzo vanno usati almeno 1,2-2 chili di cipolle. La loro scelta è determinante. Le più indicate sono quelle bianche a polpa tenera, come la cipolla di Montoro, che con la lunga cottura si sciolgono fino a diventare una crema densa, dolce e aromatica.

    La cottura avviene rigorosamente a fuoco lentissimo, per diverse ore. La carne viene dapprima rosolata con olio extravergine, cipolla, sedano e carota, poi coperta con le cipolle e lasciata stufare fino a quando le verdure si sono completamente disfatte. Il risultato deve essere una salsa scura e lucida, dove la dolcezza della cipolla si equilibra con la sapidità della carne. Al termine, la carne può essere servita a parte come secondo, mentre il ragù di cipolle aromatizza la pasta, di solito ziti o candele spezzate.

    Consigli pratici per una genovese genuina

    Per chi vuole preparare una genovese tradizionale senza errori, è fondamentale abbandonare la scelta di tagli pregiati e magri. Ecco i segreti tramandati dai genovesi di Napoli:

  • Scegliere tagli “poveri”, ricchi di connettivo. La carne deve rilasciare sapore senza sfaldarsi subito. Evitare filetto e fesa, prediligere reale, scamone, muscolo o gamboncello.
  • Tagliare la carne in pezzi grossi. Servirà a dare consistenza al piatto e a poterne godere anche come secondo, una volta terminata la pasta.
  • Lasciare il grasso. Non privatelo completamente del grasso, renderà il sugo lucido e gustoso.
  • Tre elementi fondamentali: quantità di cipolle, cottura molto lenta, uso di aromi e vino bianco per sfumare.
  • La semplicità della genovese è ingannevole. Il suo gusto intenso nasce da dettagli tecnici, tradizione e attenzione alla materia prima. Non va sottovalutato il rapporto tra carne e cipolla: solo la quantità “spropositata” di cipolla trasforma questo sugo in una crema dolce e sapida, priva di acidità, che avvolge la pasta e la carne in un abbraccio gastronomico unico.

    Differenze tra la genovese di Napoli e la carne “alla genovese”

    In alcune interpretazioni, la genovese si trasforma in un secondo piatto: la carne, una volta cotta con le cipolle, viene servita a parte, mentre il fondo di cottura si usa per condire la pasta. È la dimostrazione di come questa ricetta sia nata sotto il segno della parsimonia: tutto si riutilizza, nulla si spreca.

    La ricetta non prevede pomodoro, differenziandosi così dalla maggior parte dei ragù italiani e lasciando spazio al gusto delicato e aromatico della cipolla, supportato dalla struttura della carne scelta. Scamone, reale, annecchia o muscolo sono i protagonisti; scegliere altro significa allontanarsi dalla tradizione più autentica e, spesso, spendere inutilmente di più.

    Chi cerca di risparmiare o vuole rispettare la ricetta popolare deve quindi chiedere al macellaio napoletano questi tagli ben precisi, assicurandosi una genovese morbida, saporita e completamente rispettosa della storia gastronomica partenopea.

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