Quando possono andare in pensione i lavoratori domestici: tutto quello che c’è da sapere su età e requisiti

Entrare nella fase pensionistica per chi lavora nel settore domestico, come colf, badanti e collaboratori familiari, comporta la necessità di conoscere precisamente le regole su età e requisiti contributivi necessari per accedere alle principali forme di pensione. Il regime previdenziale applicabile a chi presta attività domestica in Italia segue l’ordinamento pensionistico generale, con alcune specificità legate alla natura di questo tipo di impiego, spesso svolto con contratti part-time, orari flessibili e, talvolta, interruzioni contribuitive. Di conseguenza, la programmazione della propria uscita dal lavoro richiede attenzione e una piena consapevolezza delle opzioni disponibili, delle deroghe e delle procedure da rispettare.

Requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia

La pensione di vecchiaia rappresenta il principale canale di uscita per i lavoratori domestici in Italia. Dal 2024, il sistema previdenziale prevede che per ottenere l’assegno pensionistico sia necessario rispettare due requisiti fondamentali:

  • 67 anni di età;
  • 20 anni di contributi regolarmente versati nell’arco della vita lavorativa.

Questi criteri sono validi sia per uomini che per donne senza differenze di genere, riflettendo l’uniformità introdotta dalla riforma Fornero. Il diritto decorre dal primo giorno del mese successivo alla maturazione di entrambi i requisiti, ma solo dopo la cessazione effettiva del rapporto di lavoro subordinato domestico .

Esiste anche una deroga sul requisito contributivo: chi non raggiunge i 20 anni minimi, ma dispone almeno di 5 anni di contributi accreditati dal 1996 in poi, può accedere alla pensione di vecchiaia al compimento di 71 anni. Questa possibilità è pensata in particolare per i lavoratori con carriere lavorative discontinue, un fenomeno frequente nel settore domestico .

Inoltre, se il rapporto di lavoro domestico si è svolto in diversi Paesi membri dell’Unione Europea, è prevista la totalizzazione dei periodi contributivi, ovvero la somma dei contributi versati in Italia e in altri Stati UE o convenzionati ai fini del raggiungimento del requisito minimo .

Pensione anticipata e altre forme di uscita

Oltre alla pensione di vecchiaia, il sistema prevede la pensione anticipata, accessibile indipendentemente dall’età ma in presenza di un significativo requisito contributivo:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Questo canale è utilizzato soprattutto da chi ha iniziato a lavorare molto giovane o ha avuto carriere particolarmente lunghe e continuative . Nel conteggio dei contributi, vengono considerati anche quelli accreditati per periodi di maternità obbligatoria e, in caso di figli, è prevista l’ulteriore tutela per le lavoratrici madri, con un riconoscimento specifico dei periodi fuori dal lavoro per la nascita dei figli .

Va ricordato che la pensione anticipata non richiede il raggiungimento di un’età minima, ma solo il possesso del requisito contributivo indicato. Anche in questo caso, il rapporto di lavoro domestico deve essere concluso al momento della richiesta del trattamento pensionistico .

Eccezioni e casi particolari: lavori gravosi e invalidità

In alcuni casi, la legislazione prevede delle eccezioni rispetto ai criteri standard sopra esposti. In particolare:

  • I collaboratori domestici che hanno riconosciuto un grado di infermità pari o superiore all’80% possono ottenere la pensione di vecchiaia già a 55 anni di età, se donne, e 60 anni, se uomini .
  • Sono previste riduzioni dell’età pensionabile per coloro i quali svolgono lavori classificati come particolarmente usuranti o gravosi, nel rispetto delle specifiche condizioni previste anno per anno dalla normativa italiana.

Le condizioni di gravosità non sempre si applicano automaticamente al lavoro domestico, ma in presenza di mansioni particolarmente faticose, è importante verificare ogni anno gli aggiornamenti ufficiali degli elenchi delle professioni agevolate.

Procedura per la domanda e accrediti contributivi

I lavoratori domestici devono inoltrare domanda di pensione all’INPS, generalmente tramite patronati, CAF o direttamente online. La domanda va presentata dopo la fine del rapporto di lavoro e richiede:

  • completezza della posizione contributiva (verifica dei versamenti effettuati dai datori di lavoro);
  • controllo delle settimane minime accumulate negli anni, ricordando che ogni settimana è conteggiabile solo se sono stati versati contributi sufficienti a raggiungere un importo minimo stabilito dall’INPS;
  • eventuale richiesta di totalizzazione internazionale degli anni lavorati all’estero.

Particolarmente importante, nel lavoro domestico, è la corretta tracciabilità dei contributi, poiché le prestazioni irregolari o in nero non danno diritto ad alcuna copertura previdenziale. Tutti i datori di lavoro domestico sono obbligati a regolarizzare la posizione assicurativa dei loro collaboratori tramite i versamenti INPS obbligatori. La mancata regolarizzazione preclude qualsiasi diritto alla pensione.

Dalla posizione certificata e dal tipo di contribuzione (settimanale, giornaliera, part-time) dipende anche il calcolo dell’assegno pensionistico. L’importo viene determinato in base ai contributi effettivamente versati durante la carriera, seguendo i criteri del sistema contributivo italiano.

In sintesi, i lavoratori domestici possono programmare con affidabilità la propria uscita dal lavoro, purché siano rispettati rigorosamente l’età minima e il requisito contributivo di base previsti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Esistono margini di flessibilità, come l’accesso ai 71 anni con 5 anni di contributi e alcune deroghe legate alle condizioni di salute. È quindi essenziale monitorare periodicamente la propria situazione assicurativa, rivolgendosi a professionisti del settore e procedendo per tempo nella sistemazione di eventuali incongruenze per non perdere il diritto all’assegno pensionistico.

Lascia un commento